Matteo Brandi - Canale Ufficiale
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Come vi avevo anticipato, il governo Bayrou in Francia è caduto.
Povero Macron, che botta.😂
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L'8 settembre del 9 d.C. tre legioni romane, la XVII, la XVIII e la XIX, caddero in una vile imboscata nella foresta di Teutoburgo, in Germania. Per tre giorni e sotto una pioggia battente, ventimila tra soldati e civili al seguito furono sottoposti ad attacchi continui da parte dei Germani. Nonostante l'accanita resistenza, di cui sono rimaste le tracce archeologiche sul sito di Kalkriese, la disfatta fu inevitabile. Sfilacciate e isolate, bersagliate dai terrapieni e in territorio sconosciuto, impossibilitate a schierarsi e intralciate dai vettovagliamenti, le tre legioni furono annientate.
Due furono i protagonisti di questo disastro: un incapace di nome Quintilio Varo e un traditore di nome Arminio. Il primo, mandato da Augusto a governare la Germania, si fece convincere dal secondo, principe dei Cherusci cresciuto in cattività a Roma, a ritornare ai quartieri invernali passando attraverso la foresta di Teutoburgo. Arminio, con i gradi di ufficiale romano addosso, aveva progettato la trappola per settimane. A nulla valsero le raccomandazioni dei centurioni e lo scetticismo degli alleati barbari fedeli all'impero: Varo si fidò di Arminio. Preso amaramente atto del proprio errore fatale, il legato si gettò sulla spada.
Ora, perché ricordare questa infausto evento? Per non dimenticare ciò che avvenne successivamente. Solo cinque anni dopo Teutoburgo, un esercito romano entrava in pieno assetto di guerra in Germania, guidato da Giulio Cesare Germanico. Il giovane generale strinse in una morsa il nemico, da terra e dal mare, devastandone il territorio, e recuperando due delle tre aquile perse a causa della follia di Varo. Alla fine, stanò le armate di Arminio. Quest'ultime furono costrette a dare battaglia, una vera battaglia, in campo aperto. Nel 16 d.C., sulla piana di Idistaviso, cinquantamila Germani vennero letteralmente triturati dalle legioni.
Fu l'imperatore Tibero (e probabilmente la sua gelosia) a richiamare Germanico e impedire il compimento della riconquista della provincia persa tra il fiume Reno e l'Elba. La scelta di stabilizzarsi sul limes renano segnò la storia di Roma e dell'Europa, tracciando una linea che influenzerà culture, popoli e nazioni. Più volte i Romani ebbero l'opportunità di ripensarci, come sotto Marco Aurelio (che fu a due passi da ufficializzare l'annessione della Marcomannia) o Massimino il Trace (che guidò una spedizione nel cuore della Germania, come attestato dalla recente scoperta della battaglia di Harzorn). Alla fine però, la povertà degli acquitrini e delle foreste germaniche suggerì di lasciar perdere. La scelta, col tempo, si rivelerà sbagliata: le tribù germaniche, nel IV secolo per ingordigia e nel V a causa degli Unni, si riverseranno in massa oltre il Reno.
L'impresa di Germanico meriterebbe tuttavia di essere raccontata in un film o una serie tv. No, non parlo di quell'immonda spazzatura di Barbarians firmata Netflix. Parlo di una produzione italiana. Ma prima dobbiamo trovare la via d'uscita dalla foresta della mediocrità in cui, da troppo tempo, ci siamo persi.
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Ogni volta che c'è una competizione sportiva, a sottolineare il colore della pelle dei nostri atleti sono sempre e solo quelli che ci frantumano le palle con l'antirazzismo.
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Da ieri girano su internet queste immagini surreali: alla Festa dell'Unita di Lodi è scoppiata una rissa fra i maranza, con tanto di macheti, proprio sotto alle bandiere della pace e del PD.
È una vicenda che fa ridere ma fa anche riflettere. Ma soprattutto ridere.
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Giorgetti, da Cernobbio, assicura i mercati: la prossima manovra di bilancio sarà in linea con la regola della spesa stabilita a livello europeo. Tradotto: comanda il Patto di Stabilità.
Però, aggiunge Giorgetti, toccherà aggiustare qualcosina in più a causa di una variabile "assolutamente detestabile": la guerra in Ucraina.
Variabile in cui Bruxelles non c'entra nulla, no?
Pazzesco.
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PRIGIONIERI DELLA PAURA
Registrai questo video quattro anni fa. E, purtroppo, i fatti mi hanno dato ragione. Con la paura, hanno fatto accettare l'inaccettabile. E con il pavido conformismo, l'hanno reso normale.
PRIGIONIERI_DELLA_PAURA_Nuove_emergenze,_stessa_gabbia_2022_Matteo.mp411.91 MB
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«Goldman Sachs ci ha spiegato che da qui a non molti anni la Cina avrà il primo pil del mondo, l’India il secondo, gli Stati Uniti il terzo e l’Indonesia il quarto.
Poi ci saranno il Pakistan, il Brasile, la Nigeria, tutta gente che stava lì!
Chiaro?
Mentre noi, per isolarli, non ci siamo andati. Stiamo vivendo la fine dell’egemonia occidentale, che è una delle cause del caos del mondo e dobbiamo costruire un nuovo ordine, che non sia l’egemonia di qualcun altro, cosa che non è affatto desiderabile.
Ma sia un ordine multilaterale, sostenibile, di coesistenza tra mondi diversi.
Quel che mi preoccupa è che invece, qui da noi, siamo impegnati più a difendere in modo fazioso un mondo che non c’è più, anziché ragionare su come stare in quello che c’è. Quello vero. Quello di oggi.
Se pensi di isolare il resto del mondo, poi finisci per isolarti».
Sapete chi ha detto queste parole? Massimo D'Alema, che era presente alla parata militare cinese a Tienanmen.
Parole che hanno un senso, persino un valore. Peccato che D'Alema sia stato tra gli artefici dell'entrata dell'Italia nell'Euro, dello smantellamento dell'industria pubblica ("siamo stati noi a smontare l'IRI") e della santificazione dell'UE.
Ah, riposizionamenti in corso. Patetici.
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Insegna la Storia anche tu a un globaliota. Lui non capirà un cazzo, ma almeno lo avrai sputtanato per bene agli occhi di chi ancora ragiona.
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Durante la partita contro la Francia, i tifosi ucraini hanno mostrato una coreografia con su scritto "Fortezza d'Europa".
E pensare che c'è chi crede davvero a questa boiata.
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In un momento così difficile, avremmo bisogno di un presidente della Repubblica che si ergesse a difesa della patria.
E invece abbiamo Sergio Mattarella. Che, come al solito, continua ad anteporre lo straccio blu al tricolore italiano.
Dal palco di Cernobbio, davanti ai demolitori dell'industria nazionale, invoca l'UE come baluardo dei diritti, della pace e della prosperità economica.
Una menzogna bella e buona. E Mattarella lo sa. Oh, se lo sa.
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In un momento così difficile, avremmo bisogno di un presidente della Repubblica che si ergesse a difesa della patria.
E invece abbiamo Sergio Mattarella. Che, come al solito, continua ad anteporre lo straccio blu al tricolore italiano.
Dal palco di Cernobbio, davanti ai demolitori dell'industria nazionale, invoca l'UE come baluardo dei diritti, della pace e della prosperità economica.
Una menzogna bella e buona. E Mattarella lo sa. Oh, se lo sa.
Oggi, discutendo con l'ennesimo europeista autorazzista convinto che l'Italia, senza la sacra UE, valesse poco più della Mauritania, è uscito fuori uno dei brocchi di battaglia di questi fenomeni: i "settant'anni di pace".
Eh sì, perché nel 2025 l'europeista medio è ancora convinto che la "pace" nel Vecchio Continente sia stata garantita dal processo di "integrazione" europea (che poi equivale alla disintegrazione delle sovranità nazionali).
E giù di pippe mentali sul Trattato di Roma, Spinelli, Schengen (sempre sia maledetto) e compagnia bella.
Peccato che ad aver evitato, ad esempio, una nuova zuffa franco-tedesca sia stata la contrapposizione tra due superpotenze nucleari: USA e URSS, che si erano sparite l'Europa, Germania compresa. Tutte le volte che c'è stato il serio rischio che si riaccendesse qualcosa da quelle parti, è sempre stata la minaccia di un olocausto nucleare a calmare i bollenti spiriti. Non certo quattro pezzi di carta firmati da un mucchio di oligarchi allergici alle democrazie e alle sovranità dei popoli.
E questo senza contare i conflitti nei Balcani e in Libia, nel Medio Oriente e in Ucraina, dove tutti hanno visto quanto Bruxelles avesse a cuore "la pace" e "il dialogo".
Sarà dura scardinare certe credenze.
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La vicenda di Francesca Albanese, relatrice speciale per le Nazioni Unite sui territori palestinesi occupati, si sta trasformando in una passerella per tutta la sinistra italiana.
Critiche severe e fiumi di indignazione, però, non possono nascondere le responsabilità di partiti e personaggi che per decenni hanno cavalcato la retorica autorazzista e svenduto la sovranità del nostro Paese.
Chi ci ha raccontato che non valevamo nulla per fare degli italiani dei servi non ha il diritto di parlare di dignità.
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A Venezia i borseggiatori hanno iniziato a denunciare per stalking chi li filma sul "posto di lavoro" e per sequestro di persona chi li blocca mentre rubano.
Di fronte a questo delirio, le istituzioni hanno risposto per bocca del comandante della polizia locale di Venezia: "Il problema esiste, ma i cittadini privati devono sapere che non possono fare tutto." Che, tradotto in italiano, vuol dire : "Il ladri ci sono, ma ve li dovete tenere e non dovete azzardarvi a reagire."
Le regole dello Stato-maestrina son queste qua: ai criminali va garantita ogni tutela possibile e immaginabile, le persone perbene devono star zitte e subire.
Che schifo.
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CI È ARRIVATO ANCHE TRAVAGLIO?
Qualche giorno fa, Marco Travaglio ha buttato giù un editoriale intitolato "scioglietevi e sparite".
In pratica, Travaglio elenca le ultime figuracce internazionali di Bruxelles (la mancata condanna di Israele, la linea bellicista con invio di armi a Kiev e le demenziali sanzioni a Mosca) e arriva all'inevitabile conclusione: a questo punto meglio sciogliere l'UE.
Perché questo editoriale colpisce? Perché Travaglio fa parte di quella schiera di giornalisti che per anni, anzi, decenni, ci hanno convinto che il problema numero uno in Italia fossero le mazzette, le auto blu e i rubagalline in Parlamento. Mentre nel frattempo, il nostro Paese cedeva enormi porzioni della propria sovranità ad organi sovranazionali.
Da Maastricht a Lisbona, passando per il disastro dell'entrata nella moneta unica, che ci ha privato dell'oscillazione del cambio (tradotto: taglio dei salari per rendere le merci "competitive" nell'eurozona, come ammesso da Draghi), l'ultimo trentennio è stato uno stillicidio per l'Italia.
Ma il buon Marco, che pure è sempre stato un giornalista attento e puntiglioso, continuava ad alimentare il derby "berlusconiani - antiberlusconiani", con la solita retorica sull'Italia corrotta e inefficiente, patria di faccendieri e portaborse. Un paesino di ladruncoli a cui, tutto sommato, era giusto tirare le orecchie.
E intanto nel 2011 si compiva il golpe finanziario firmato BCE con cui Monti diventava Presidente del Consiglio. E intanto da Bruxelles e Francoforte piovevano letterine minatorie e infrazioni ai nostri danni. E intanto a suon di "più Europa" ci giocavamo industria, risparmi e peso geopolitico.
Pur critico verso gente come Monti e Draghi, Travaglio non ha mai puntato il dito verso l'UE in quanto tale, bensì solo verso le sue politiche. Erano sempre quelle il problema, non l'impalcatura in sé. Di quelle bisognava parlare, degli Junker o delle Von der Leyen, non dell'adesione italiana alla baracca europea.
Fino all'editoriale "Scioglietevi e sparite", dove è chiaro che anche il direttore del Fatto Quotidiano abbia preso atto della dannosa inutilità dello straccio blu. E chiede che esso venga ammainato, ripiegato e schiaffato nel cassetto delle vergogne storiche.
Che Marco Travaglio ci sia veramente arrivato? Oppure si tratta di una fiammata passeggera? Propendo per la seconda ipotesi.
Personalmente, non credo proprio che il mondo politico attorno a Travaglio, che equivale all'universo grillino (piddini fuori dalla ZTL), si metterà a invocare l'Italexit. Figuriamoci, parliamo di gente che prende fuoco al solo sentir nominare l'interesse nazionale.
Però rimane uno sfogo, quello del giornalista torinese, che tradisce la disillusione persino di chi, fino all'altro ieri, pensava che l'UE fosse... cambiabile.
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L'ultimo delirio europeista, che dimostra come questa parte di mondo sia ormai totalmente fuori dalla Storia e dalla realtà, è lo sconcerto di fronte alle parole di Putin sul possibile invio di truppe occidentali in Ucraina.
A Bruxelles non riescono a capacitarsi del fatto che i russi possano prendere di mira quei soldati. Ne petalosi sogni di questi buffoni criminali, i soldati "europei" dovrebbero poter operare al fianco dell'esercito di Kiev senza alcun contraccolpo.
Per fortuna, queste sono solo parole, berciate da psicopatici come la Kallas, Macron o Rutte. Tuttavia sono rivelatorie del livello di cancrena mentale a cui sono giunti costoro.
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Un patriota, un visionario, un geniale imprenditore. Enrico Mattei con la sua Eni ha reso grande l'Italia con una strategia audace e lungimirante. Lasciandoci un messaggio da non dimenticare.
Vi narrerò le gesta di Enrico Mattei!
Sabato 6 Settembre, alle ore 12, in DIRETTA su No Limits Radio (vi basta andare su http://nolimitsradio.it per ascoltare la diretta).
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Zelensky chiede "garanzie di sicurezza". Tradotto: cari servetti europei, mandate le vostre truppe in Ucraina.
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Sono in diretta dalle 8.30 alle 9.40 qui:
https://www.youtube.com/live/JpFHl6ECapI
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INDIA, CINA E RUSSIA SI AVVICINANO?
Sta nascendo un ordine asiatico nuovo?
Ne parliamo stasera in diretta alle 21.
https://www.youtube.com/watch?v=GhOPSt63Av0
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